La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente l’assenza di malattia o di infermità.

Organizzazione Mondiale della Sanità

Medicina Olistica

Il dott. Riccardo Annibali effettua prescrizioni per la prevenzione delle malattie virali incluso COVID19

Viviamo in un’era in cui si pone una grande attenzione alla salute del corpo fisico. Negli ospedali i medici tendono a prescrivere un numero spesso esagerato di indagini strumentali per giungere alla diagnosi partendo dal sintomo fisico; la maggior parte delle grandi compagnie industriali provvede a far eseguire un check-up annuale ai propri dipendenti; si moltiplicano le industrie farmaceutiche e anche le “cliniche del benessere”, ove si fa il punto dello stato di salute  e si somministrano terapie di ogni genere alla ricerca di uno stato di salute perfetto e duraturo.

Nella medicina occidentale la guarigione coincide con la scomparsa del sintomo e nel recupero dello stato di salute originario. Il medico ha il compito di elaborare, attraverso un programma prestabilito, tutta una serie di input inseriti precedentemente. Quanto maggiore è la quantità di queste informazioni, tanto più il medico ha probabilità di successo nella diagnosi e nella terapia. Questo processo ricorda quello con cui funzionano i nostri computer, e lascia poco spazio all’aspetto propriamente umano della guarigione.

 

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Il termine “olistico” contiene la radice della parola greca  “ó⁄o∫”=tutto, perché è proprio all’Uomo inteso come essere multi dimensionale che si rivolge.

Nell’approccio olistico, il medico sa di trovarsi di fronte a un essere multi dimensionale, costituito sì da un corpo fisico, ma anche da un corpo energetico, un corpo mentale, da un corpo astrale (o emozionale) e da una dimensione spirituale, che si compenetrano vicendevolmente costituendo quello che noi chiamiamo Essere Umano.

 

Non si tratta di una Nuova Medicina o di una Medicina Alternativa: le basi di un approccio olistico erano già presenti negli insegnamenti di Ippocrate, che era solito iniziare le sue lezioni dicendo ai discepoli: “Non sarete mai bravi medici se, oltre a curare il corpo dei vostri pazienti, non vi prenderete cura anche del loro spirito”. A partire dai tempi di Ippocrate e fino circa al 1600, il medico è stato una figura che si prendeva cura non solo dei problemi fisici dei suoi pazienti, ma di quelli psicologici e spirituali, come pure della sua educazione e crescita in questi campi. In effetti, nell’Antichità esisteva un unico attributo che indicava e comprendeva tutti questi ruoli: quello di filosofo.

Fino a qualche decennio or sono, un compito simile veniva svolto dal Medico di Famiglia, una figura che è andata progressivamente scomparendo per lasciare il posto allo sviluppo tecnocratico anche in campo sanitario. Recentemente, tuttavia,  molti pazienti preferiscono affidarsi a medici omeopatici; una gran parte della popolazione, inoltre, ricorre alle opere di maghi, cartomanti, fattucchiere, etc..

 

Queste tendenze lasciano intravvedere una chiara insoddisfazione dei pazienti per una medicina che si fonda su presupposti di elevata tecnologia, ma che trascura di prendersi cura degli aspetti interiori dell’individuo. La malattia fisica è solo la punta di un iceberg che si approfonda nei diversi piani (energetico, emozionale, spirituale) dell’essere umano. Il medico non dovrebbe quindi focalizzarsi unicamente sul sintomo e sull’organo colpito, utilizzando gli strumenti a sua disposizione (medici, chirurgici, chemioterapici o radioterapici) per risolvere il problema: così facendo, infatti, si limiterebbe ad asportare la “punta” dell’iceberg, non curandosi degli aspetti, forse più importanti, che, originati nei corpi più sottili,  hanno generato il sintomo fisico. Altrimenti non possiamo parlare di vera guarigione: la disarmonia emozionale alla base della malattia, infatti, continuerebbe a lavorare, per esprimersi ancora successivamente in un altro organo bersaglio.

 

 

La malattia rappresenta quindi la manifestazione sul piano fisico di una disarmonia esistente sotto forma specifica anche negli altri corpi, che ha la sua origine a livello del corpo emozionale, dove operano le tematiche, o matrici emozionali, che ci spingono a ripercorrere continuamente schemi abituali.

La loro comprensione, accettazione e trasformazione fanno parte della missione che dobbiamo compiere durante il tragitto terreno. Il mancato riconoscimento di questi modelli emozionali é causa di una disarmonia interiore, di grado variabile, che finisce inevitabilmente per ripercuotersi sul piano fisico a livello di uno specifico organo bersaglio, in diretta corrispondenza con la tematica e gli organi eterici ad essa collegati. Il processo è governato dal nostro Sé, che utilizza la malattia come strumento di comunicazione con la Personalità chiusa in se stessa, al fine di attirare la sua attenzione sul vero problema da affrontare, al di là del disturbo contingente nella grossolana realtà fisica.

Barbara Brennan, scienziata e psicoterapeuta americana, ricercatrice per la NASA, che da molti anni si dedica allo studio del campo energetico umano e a terapie psicospirituali, afferma: ” La malattie sono provocate da uno stato di squilibrio e lo squilibrio è dovuto al fatto che la persona dimentica chi è. Dimenticando chi siamo, finiamo per pensare e per agire in un modo che conduce a uno stile di vita poco sano e infine alla malattia. La malattia può dunque essere vissuta come una lezione che impartiamo a noi stessi, affinché ricordiamo chi siamo”.

In quest’ottica, la malattia segnala la perdita dell’informazione, un difetto nel sistema di comunicazione con le nostre dimensioni più profonde; la guarigione è un processo che, ristabilendo la comunicazione, consente all’informazione di fluire nuovamente in una operazione che comporta, come effetto collaterale, il ristabilimento della salute del soggetto ammalato, ma soprattutto la guarigione dell’anima, ossia l’espansione della sua coscienza e il recupero di un “equilibrio cosmico“.

 

E’ necessaria quindi un’opera di auto conoscenza che parta dai livelli più superficiali (condizioni dello stato fisico-corporeo e del comportamento) e risalga a ritroso fino agli strati più profondi di ciascuno di noi: il rimanere intrappolati nelle matrici subconsce impedisce la manifestazione del proprio destino.

Per poter parlare di vera guarigione, non può quindi essere sufficiente operare dei cambiamenti “cosmetici” al solo livello corporeo superficiale, mediante la somministrazione di farmaci  o con interventi chirurgici demolitivi e/o ricostruttivi, poiché si rischia di coprire superficialmente il modello profondo.

Malattia quindi come aiuto verso la auto conoscenza, che è poi consapevolezza dei propri modelli emozionali, per raggiungere la manifestazione del nostro Essere. Come detto, la presa di consapevolezza delle proprie tematiche e la loro risoluzione comporta generalmente, come effetto collaterale, anche la guarigione dei sintomi sul piano fisico.

Questo non è però sempre vero, anche perché la guarigione accade se è prevista nella natura dell’individuo, ossia se è prevista all’interno del suo modello. La guarigione intesa come redenzione del proprio modello, guarigione dell’anima, è invece sempre possibile ed è a questa che il terapeuta dovrebbe sempre mirare.

Secondo quanto detto, anche il ruolo del medico dovrebbe mutare, passando da quello di tecnico a quello di vera e propria guida, che si preoccupa della salute fisica dei suoi pazienti e li aiuta a risolvere il sintomo fisico (punta dell’iceberg), ma anche e soprattutto di ricercare e aiutare il paziente ad individuare i modelli sottostanti (corpo dell’iceberg) e fornire un appoggio alla loro risoluzione: in sostanza, non l’artifex, poiché questo ruolo spetta unicamente all’essere umano, quindi al paziente interessato dalla malattia, ma pontifex, colui che crea il ponte, la guida, il mediatore.